SINGAPORE: accusata di narcotraffico

Quella che accadde 4 anni fa, la ritengo una tra le più brutte esperienze di tutta la mia vita. Il lato positivo? Ho sempre tanti eventi da raccontare alle persone per non farle annoiare! Ecco perché non rimpiango mai nulla, neanche un episodio come questo…

Mi trovavo all’aeroporto di Singapore, pronta per avventurarmi nell’ancora sconosciuta e colorata Thailandia. Più precisamente ero tranquillamente seduta sul sedile dell’aereo ignara della sorpresa che il destino mi stava preparando…

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…Un attimo prima che il mio volo decollasse, si presentano quattro poliziotti. Prepotentemente obbligano alla riapertura delle porte dell’aereo già chiuse poi si dirigono proprio verso di me. Arroganti e autoritari mi ordinarono di alzarmi e seguirli. Impossibile descrivere a parole il turbine di emozioni che si sono mescolate in quel momento nella mia testa. Dettaglio, non meno importante, lasciai sul sedile tutti i miei effetti personali, perché ignara di quello a cui stavo andando incontro. Ero convinta infatti si trattasse di routine oppure un semplice controllo e che di conseguenza sarei partita poco dopo insieme a tutti i miei bagagli. Mi sbagliavo. La notte più lunga della mia vita era appena iniziata. Il problema più grande che immediatamente fui costretta ad affrontare fu che all’epoca non sapevo ancora cavarmela correttamente in inglese, e che i poliziotti singaporiani lo parlavano ancora peggio di me. Un amara realtà che sfociò in assurde e non ben identificate accuse e più di ogni altra cosa mi trovavo impossibilita a difendermi.

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Dall’aereo fui condotta in una stanza. Nessuno volto amico attorno. La tensione, e le ore che inesorabilmente scorrevano mi fecero entrare in uno stato d’animo completamente nuovo. Pochi secondi parevano dilatarsi ore intere e ogni mio pensiero si rincorreva e rimbalzava confusamente. Mi tornavano alla mente le scene di un film che narrava la storia realmente accaduta di una donna erroneamente accusata di traffico di droga e che passò una ventina di anni della sua vita imprigionata nelle carceri brasiliane prima che sua figlia riuscisse a dimostrare la sua innocenza e a liberarla. Il paragone mi impietrì. Inoltre ero a conoscenza che le leggi di Singapore prevedono anche la pena di morte in caso di reati correlati alla droga.

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La difficoltà linguistica e l’impossibilità di contattare familiari o amici aggiunsero ansia e preoccupazione per la mia sorte. Per fortuna la luce del giorno trasformò l’accusa in possesso di passaporto falso. In quel momento mi pentii amaramente dell’agire superficiale dell’adolescenza…la fotografia sul mio passaporto riportava un giovane viso pesantemente truccato ed effettivamente poco riconducibile ai miei lineamenti attuali. Ops…errore giovanile! Ma nel frattempo, parecchie ore e molti interrogatori si susseguirono. Una perquisizione tutt’altro che piacevole. Litri di lacrime e innumerevoli tentativi di spiegazioni, vani. Solo una cosa mi era chiara e mi terrorizzava: ero accusata di trasporto illegale di droga.

Nonostante ciò, uno spiraglio di speranza si stava aprendo. La polizia non riuscivano ancora a capire dove nascondessi l’illecita sostanza, visto che non ne avevano trovato traccia. Compresi cosa possono provano le persone che commettono reati gravi e sentii che la mia vita aveva un valore pari a zero. Mi trovavo, sola, completamente privata di ogni sicurezza affettiva e di tutti quei diritti umani e civili che normalmente ci riempiono di sicurezza. Il valore della mia persona e della mia intera vita erano svaniti, volati via insieme a quell’aereo che ancora custodiva il mio bagaglio a mano, cellulare compreso. Sola, inerme, lontana, mi sentivo annegare in un ambiente che non provava la minima compassione o comprensione per me. Mi domandai come si potesse agire con tanta insensibilità nei confronti di una ragazza traumatizzata, ma evidentemente la polizia locale abituata a delinquenti furbi e senza scrupoli usa metodi altrettanto duri per applicare le leggi e capisco che per loro possa essere difficile distinguere i “buoni dai cattivi”.

A distanza di 4 anni, pur sforzandomi, non riesco a ricordare il momento in cui i miei accusatori decisero di lasciarmi andare. Si dice che la mente rimuova dalla memoria le esperienze scioccanti il cui ricordo sarebbe troppo doloroso o invasivo. Probabilmente anch’io ho inconsciamente cancellato i dettagli. Rammento solamente che dopo una notte intera rinchiusa in quella stanzina, le porte del paradiso vennero finalmente aperte. Ero libera e avevo riacquistato il mio status di persona rispettabile. Qualcuno mi disse che si era trattato di un errore. Ero confusa, provavo abbia e un senso d’ingiustizia. Come avevano potuto farmi questo per poi lavarsi la coscienza con una banalissima frase? Lasciai tutto alla mie spalle. Mi pagai la colazione (ero digiuna dal giorno prima), prenotai un volo sostitutivo, rintracciai i miei bagagli e voltai pagina.

L’unico strascico, una certa avversione per aeri e aeroporti ebbe inizio…a pensarci bene, un paradosso per una viaggiatrice solitaria!  Ma la vita trova sempre il modo per metterci alla prova, non credete?

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